Nasce a Cassano uno spazio di ascolto attivo e sostegno psicologico, presso l'erboristeria Altea. Responsabili e ideatori del progetto sono la dottoressa psicologa Rossana Putignano, specializzanda in psicoterapia, e il dottor Giacomo Scuccimarri, sociologo, laureando in psicologia, esperto in mediazione civile e commerciale e in mediazione familiare. Il dottor Scuccimarri, proprietario dell'erboristeria, ha ricavato, all'interno della stessa, un piccolo spazio molto accogliente e ben curato dove si svolge nel concreto questa nuova attività.
Dott. Scuccimarri, in cosa consiste l'attività di mediazione familiare?
La mediazione è un istituto molto importante che crea uno spazio riservato principalmente alla coppia, però rivolto anche a soggetti diversi e a tutte le situazioni in cui c'è un conflitto, per esempio tra fratelli, o a livello scolastico. Ci si rivolge sia alle coppie separate, sia a quelle che cercano un arricchimento familiare. La mediazione familiare non è un arbitrato, né un conciliazione, né un'attività o un servizio che può svolgere l'avvocato in quanto avvocato o lo psicologo in quanto psicologo. La mediazione è uno spazio in cui avvengono molte cose, si tirano fuori delle emozioni, il mediatore assume una posizione di equidistanza, non c'è uno schieramento. Lo scopo essenziale e principale è il ristabilire una corretta comunicazione, efficace. Il conflitto nasce da malintesi, da mancanza di comunicazione, da rabbie represse, da tempi diversi di elaborazione di lutti e soprusi subiti. I mediatori conducono i processi, non intervengono nello specifico; restituiscono ai mediati responsabilità verso se stessi e verso i figli, laddove ci sono i figli. Perché chi è separato può acquisire la consapevolezza della scelta messa in atto, comprendendo quanto è importante ricoprire il proprio ruolo di genitore, perché genitori si è tutta la vita. I mediatori agiscono sulle emozioni, sul sentire. Molto spesso si esprimono con il sento, sentire le emozioni, condividere e restituire le emozioni stesse.
E' un modo per far emergere dall'altro qualcosa che c'è dentro o è un modo per educare?
I mediatori non danno consigli, non danno degli indirizzi, non danno soluzioni. Il fatto di sentire è legato alla questione di entrare in empatia. E' differente rispetto alla psicoterapia, dove il terapeuta va ad agire sui disturbi nervosi, sulle patologie, e quindi applica una terapia. Qui siamo in presenza di persone perfettamente normali che devono insieme al mediatore ristabilire una corretta comunicazione. Il mediatore ascolta in modo attivo le emozioni, non sollecita un argomento che il mediato non vuole tirare fuori. Quando in una coppia c'è qualcosa che va a finire nel patologico si interrompe la mediazione e si rinvia alla terapia.
La mediazione si fa sempre in due?
La mediazione familiare si fa sempre in due, anche se ancora non è obbligatoria, a differenza di quella civile e commerciale. Si rimanda al buon cuore del giudice che indirizza la coppia dal mediatore.
Come sono strutturati i percorsi in termini di tempo?
I percorsi sono relativamente brevi, con un incontro ogni 15 giorni della durata di un'ora o un'ora e mezza; il percorso deve concludersi in 4 o 5 mesi al massimo
C'è un motivo per cui hanno un percorso temporale limitato? I mediatori lo sanno dall'inizio?
Per evitare che la mediazione stessa non diventi un ancoraggio, nel quale i coniugi stessi tendono a dare la responsabilità al mediatore. I mediati sanno tutto dall'inizio, sanno dell'equidistanza, del fatto che il mediatore non si può schierare, dello scopo di restituzione della responsabilità. La stanza della mediazione è chiamata la stanza delle opportunità.
La dottoressa Putignano esercita da poco come libero professionista, ha una vasta esperienza in diversi reparti ospedalieri e sottolinea quanto spesso sia sottovalutato l'aspetto psicologico nel valutare e quindi trattare diverse malattie, per esempio cita l'emicrania che spesso può nascondere ansia, depressione, ossessioni, fobie, quindi è una somatizzazione di questi stati, e suggerisce come manchi il più delle volte il corretto invio da parte dei medici curanti o degli specialisti allo psicoterapeuta, laddove non si riscontri nulla a livello organico.
Dott.ssa Putignano, in cosa consiste l'ascolto attivo?
Il paziente quando arriva qua, vuole buttare fuori ciò che ha dentro. Quindi lo si ascolta silenziosamente cercando di inquadrare il problema. Dopo di che si chiede al paziente in cosa gli si può essere d'aiuto. Ovviamente il paziente ha bisogno di un po' di tempo per riflettere e comprendere cosa cerca. Cioè si fa quella che viene definita l'analisi della domanda. Dopo due o tre colloqui, quando è chiaro il problema, si fa un progetto terapeutico. A questo punto si vede se può iniziare il percorso insieme, se ci piacciamo a livello di comunicazione e si definiscono gli obiettivi. Il termine ascolto attivo è preso dal mondo della mediazione. Ciò che cura è la relazione, io fornisco una relazione sana. Quello che faccio qui è dare un sostegno psicologico, non essendo ancora psicoterapeuta, sebbene abbia già degli strumenti in più rispetto allo psicologo semplice, presi dal mio percorso di specializzazione in psicoterapia.
Entrambi sottolineano come il loro progetto voglia essere un punto di riferimento, un posto in cui si può parlare, trovare un sostegno integrato, rivolto a tutti. Ed effettivamente sono riusciti a creare un luogo protetto, in cui ci si sente a proprio agio e che invita all'apertura, un luogo dove trovare ascolto e comunicare, una vera stanza delle opportunità.
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Complimenti!!!
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per vincenza, a volte ci si confida solo alle persone che si conosce da tanto tempo ma ...magari non hanno gli strumenti per analizzare e risolver i nostri problemi.